
Si parla tantissimo di lavoratori in remote working ma l’attenzione non viene quasi mai posta su cosa sia accaduto negli ultimi anni anche alle figure dirigenziali: il concetto di autorità e la percezione del controllo sono franati sotto le incertezze dei mercati ed è stato necessario applicare nuove stili di leadership, più flessibili e coerenti con il nuovo mondo lavorativo. Conditio sine qua non perché alcuni settori potessero riprendere a pieno regime le loro attività era l’obbligatorio ritorno in presenza, ma per molti altri si è aperto uno scenario mai immaginato prima, dove ogni ruolo è stato concettualmente rivisto ed ogni modalità operativa è stata modellata in base alle nuove esigenze.
Sicuramente gli imprenditori hanno faticato ad adattarsi ad una epocale rivoluzione come quella dello smart working e non è stato solo per l’enorme sforzo organizzativo fatto per integrarlo gradualmente nel proprio business ma anche per il reset mentale operato nei confronti della propria identità. Si sono dovuti forzatamente distaccare da una visione oramai superata ed improduttiva per proiettarsi verso una figura decisamente più collaborativa, empatica e capace di spostare l’attenzione dalla supervisione ai risultati. Il monitoraggio delle attività operative rimane presente ma è coadiuvato da un maggior senso di fiducia nelle persone che, indirettamente, le responsabilizza e fidelizza all’azienda stessa.
I punti principali sui quali i dirigenti hanno dovuto confrontarsi ed apportare migliorie sono stati:
- nuova ingegnerizzazione dei processi lavorativi al fine di ottimizzare e favorire il lavoro agile: la flessibilità deve essere bilaterale, pretesa dal dirigente per quanto concerne i risultati da raggiungere ma anche elargita alle persone stesse per quanto riguarda la loro sfera privata.
- trasferire alle persone i nuovi modelli organizzativi, monitorando che vengano applicati in modo efficiente: il senso del controllo deve essere abbandonatolasciando posto ad una fiduciosa padronanza della realtà aziendale.
- puntare su una programmazione a breve-medio termine delle priorità, verificando che i team li conseguano adeguatamente: la vera sfida è riuscire a mantenere le persone partecipitanto agli obiettivi personali quanto a quelli di gruppo avendo come scopo un aumento progressivo delle occasioni di confronto (quasi un paradosso visto che parliamo di smart working).
- indirizzare le persone verso uno stile comunicativo chiaro e coinvolgente, capace di esaltare il senso di appartenenza ad un team lavorativo e la stima reciproca: aver svestito le relazioni interpersonali di troppa formalità permette di trasmettere sincerità ed onestà, prevenendo possibili rallentamenti nello svolgimento dei propri compiti.
L’abilità nel bilanciare strategicamente il tempo dedicato alle attività sia virtuali che in presenza e l’eterogeneità dei modelli manageriali da poter adottare deve essere un focus imprescindibile per poter guidare saldamente la propria attività e valorizzare le persone. Delegare maggiormente e diffondere una “cultura della misura” delle performance individuali aumenta il coinvolgimento, la passione e la produttività; cosa ci può essere quindi di negativo nell’adattarsi ai tempi, apprendere nuove skills gestionali e rivedere le proprie barriere mentali?
Voi avete fatto il salto culturale?
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