
Nel settore delle risorse umane emerge con sempre più evidenza un gap di competenze che rende spesso faticoso l’incontro tra la domanda e l’offerta di lavoro: le difficoltà nel reperire personale qualificato per i posti vacanti è da ricercarsi nel frequente skill mismatch e nell’alimentarsi di fenomeni di disallineamento formativo che possono portare ad eventi di mancata valorizzazione del capitale umano.
Si creano fenomeni di mancato incontro tra le caratteristiche dei lavoratori e le esigenze delle imprese ma la causa non è da ricercarsi unicamente nel tema delle competenze bensì deve essere trattata come un fattore multidimensionale: la complessità della situazione va sviscerata il più possibile cercando di capire se mancano i candidati o semplicemente i candidati idonei. Il divario tra domanda ed offerta rappresenta un problema storico del nostro Paese e la situazione non è migliorata negli ultimi anni, dove il dislivello di competenze, soprattutto a livello informatico, si è fatto prepotentemente sentire.
L’asimmetria nel campo delle competenze può riguardare le abilità trasversali dei lavoratori, non adatte alla mansione richiesta, oppure la mancanza di una formazione adeguata: entrambi questi fattori concorrono a frenare sia la crescita, incidendo ogni anno di più sul PIL globale, che le percentuali di occupazione. Uno scenario simile non può far altro che allungare notevolmente le tempistiche del recruiting, rendendolo un percorso tortuoso, soprattutto con l’accrescere delle abilità professionali ricercate.
La formazione continua potrebbe colmare questi divari? Puntare all’upskilling e reskilling dei propri dipendenti deve diventare un investimento indispensabile?
Un sondaggio condotto da Skills Panorama ha evidenziato come i settori più colpiti dall’offerta sotto-qualificata siano quelli dell’ ITC e STEM ed è proprio il campo dell’ITC che è divenuto lo scheletro sul quale costruire i piani per la crescita del business e per sviluppare i processi di formazione alla base dell’Industria 4.0; l’integrazione di quest’ ultima nel mondo lavorativo del nostro Paese non può prescindere dalla capacità dello stesso di offrire al tessuto produttivo delle risorse adeguate.
Ci vogliono talenti preparati, che sappiano integrarsi nel tessuto imprenditoriale, mettendo la loro competenza al servizio dello sviluppo delle imprese. Purtroppo però è palese come il mercato del lavoro abbia oramai delle esigenze in repentina evoluzione dietro alle quali il settore formativo ha grosse difficoltà a stare al passo.
Per la Boston Consulting Group l’errore fondamentale alla base di questo mismatch sta nel continuare a basare lo sviluppo del capitale umano secondo un modello tipico della metà del secolo scorso e cioè educazione standardizzata e “one job for life”. Questo però non può essere competitivo nel mondo lavorativo del 21esimo secolo ove lo sviluppo tecnologico e la trasformazione continua dei mercati richiedono una flessibilità, mobilità e di pensiero ed una formazione continua. L’ economia del futuro richiede urgentemente un nuovo approccio poiché le skills tecniche sono obsolete nell’arco di 2/5 anni e le persone devono anche rendersi disponibili al proprio sviluppo professionale.
L’economia è divenuta persona-centrica e si deve fare uno shift dalla standardizzazione di massa alla valorizzazione degli individui attraverso percorsi di studio e di formazione personalizzati grazie ai quali acquisire abilità sempre più mirate e richieste dal mondo del lavoro.
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